Lavorare con i Giapponesi prevede dei piccoli accorgimenti che per un italiano non sono sempre scontati. Può capitare di avere a che fare, per questioni di lavoro, con un partner commerciale – che sia un fornitore, un collaboratore o un cliente – giapponese. Come dobbiamo comportarci con i nostri interlocutori giapponesi, soprattutto se per lavoro è necessario andare in Giappone? Cosa si aspettano e cosa dobbiamo invece aspettarci noi in caso di collaborazione lavorativa con un’azienda o un Giapponese?
Lavorare in Giappone o collaborare con i Giapponesi
Lavorare in Giappone non è facile e, per farlo, è generalmente necessario che tu abbia uno di questi requisiti: una conoscenza della lingua giapponese pari ad almeno un livello N2 del JLPT, un’azienda sponsor, una professionalità ricercata, o che ti iscriva ad una scuola di lingua che ti fornisca un visto studentesco e ti permetta di svolgere dei lavoretti part-time per mantenerti durante gli studi (i cosiddetti arubaito アルバイト, dal tedesco arbeit).
Tuttavia, a volte, capita che la propria azienda offra la possibilità di trasferirsi o, semplicemente, che voglia farci fare visita alla sua sede nipponica per incontrare dei clienti, per presentare dei prodotti, per partecipare a qualche evento aziendale, ecc.
In questi ultimi casi, trattandosi perlopiù di rapporti tra aziende internazionali, è probabile che non sia richiesta una profonda conoscenza della lingua giapponese e che la comunicazione possa avvenire in inglese.
Nonostante ciò, il galateo giapponese è diverso da ciò a cui siamo abituati ed è opportuno conoscere alcune piccole grandi regole che potrebbero salvarti da situazioni imbarazzanti.
Quali sono le regole di base per dare una buona impressione al lavoro in Giappone? Come comportarsi e cosa aspettarsi dai Giapponesi in ambito business?
Vediamo insieme le 15 regole più significative per sapere come comportarci nel rispetto dell’etichetta di business in Giappone:
- Sì agli inchini, no alla stretta di mano!
- Rispetta le distanze e i turni di parola, non alzare la voce!
- Presentati con un regalo: o-miyage お土産.
- La puntualità è importante: non sottovalutare un ritardo!
- Lo scambio del biglietto da visita: mēshi 名刺.
- Usa il cognome dell’interlocutore seguito dal suffisso -san ~さん.
- Preparare una brevissima presentazione di te in giapponese può aiutarti a guadagnare fiducia.
- No all’improvvisazione: i giapponesi non amano improvvisare.
- Ciò che un giapponese ti dirà non sarà sempre reale: honne 本音 e tatemae 建前.
- Leggere l’aria: kūki o yomu 空気 を 読む, anche un sì, potrebbe rivelarsi un no.
- L’attitudine al problem solving non è il punto forte per molti giapponesi.
- Il cliente è una divinità: o-kyaku-sama wa kami-sama お客さま は 神さま.
- Puntualità da un lato, lunghi tempi di attesa dall’altro.
- Il ringraziamento per il lavoro svolto insieme: otsukaresama おつかれさま.
- Il post-business.
1. Sì agli inchini, no alla stretta di mano!
I giapponesi non contemplano il contatto fisico: stringere la mano, toccare una spalla o salutare con dei baci sarebbe per un giapponese piuttosto invadente e, di conseguenza, imbarazzante. Se ti capita di lavorare con un Giapponese o in Giappone dovrai familiarizzare con gli inchini. La profondità dell’inchino, inoltre, varia a seconda della posizione che, chi saluta, ricopre nella scala gerarchica (perché il rispetto della gerarchia è ben radicato nella cultura giapponese). L’inchino dovrà essere più profondo se davanti a te hai un superiore e, al contrario, più accennato se il superiore sei tu.
2. Rispetta le distanze e i turni di parola, non alzare la voce!
Molti comportamenti che in Italia vengono considerati parte integrante della comunicazione come gesticolare, puntare il dito verso un’altra persona per indicarla, intervenire prima che l’interlocutore abbia finito la sua frase potrebbero risultare un po’ aggressivi o irrispettosi.
Rispetta i turni di parola, evita di toccare chi hai davanti (lo so che, se ti scappa, è solo perché vuoi dare più enfasi alle tue frasi o perché lo interpreti come un segno di comprensione e integrazione, ma i giapponesi potrebbero non interpretarli nello stesso modo). Usa un linguaggio del corpo pacato e positivo: noi non saremo mai giapponesi ed è giusto che sia così ma, a volte, è bene non dimenticare completamente il detto paese che vai usanze che trovi.
3. Presentati con un regalo: o-miyage お土産.
In Giappone non è cortese presentarsi a mani vuote ad un appuntamento del quale si è ospiti, soprattutto se si proviene da un’altra nazione. I souvenir più comuni sono i prodotti tipici del luogo di provenienza, sempre tenendo conto le restrizioni imposte dalla dogana. Olio di oliva, biscotti, torrone, cioccolatini tipici, paste secche, taralli o oggetti made in Italy sono generalmente molto apprezzati.
Il termine o-miyage (pronuncialo o-miyaghe) お土産 è formato da tre elementi: un prefisso onorifico お che ha la funzione di conferire più rispetto al termine che segue, l’ideogramma di terra/suolo 土 e quello di prodotto 産 proprio perché i souvenir più regalati sin dai tempi più antichi e ancora gettonati sono i prodotti della terra.
4. La puntualità è importante: non sottovalutare un ritardo!
In Italia un ritardo di 10-15 minuti è spesso tollerato e (ahimè) non richiede alcun avviso ma in Giappone non è così. Il ritardo è visto come una profonda mancanza di rispetto, tanto che i treni sono stati progettati accuratamente in modo da ottimizzare ogni procedura riducendo al minimo la possibilità di accumulare un ritardo e, quando ciò accade, i controllori forniscono un foglio che funge da giustificazione da portare con sé a scuola, al lavoro o all’università per essere sollevati dal senso di colpa non imputabile alla propria negligenza. Meglio arrivare agli appuntamenti con 10 minuti di anticipo piuttosto che fare tardi.
5. Lo scambio del biglietto da visita: mēshi 名刺.
Quasi tutti i lavoratori giapponesi hanno un biglietto da visita che porgeranno sempre con due mani e sempre nella direzione giusta, in modo che, chi lo riceve, possa leggerlo con facilità senza doverlo girare.
Se sei in possesso di un biglietto da visita, ti consiglio di fare lo stesso. Se l’azienda presso la quale ci si presenta è internazionale, il biglietto da visita sarà in doppia lingua, inglese e giapponese. Dovessi riceverne uno, non metterlo subito via ma cerca di dimostrare interesse per qualche secondo, leggendolo accuratamente per saperne di più su chi hai davanti a te.
6. Usa il cognome dell'interlocutore seguito dal suffisso -san ~さん.
Raramente, in contesti formali, ci si chiama per nome. Ogni membro dell’azienda avrà un titolo che lo contraddistinguerà ma, in generale, è possibile rivolgersi a qualcuno utilizzando il suo cognome seguito dal suffisso –san ~さん come segno di rispetto.
Mi raccomando, non usare mai il suffisso –san ~さん per parlare di te e questo vale sia in contesti business che non (non avrebbe senso dimostrare cortesia o formalità nei confronti si sé stessi).
7. Preparare una brevissima presentazione di te in giapponese può aiutarti a guadagnare fiducia.
Un giapponese è consapevole della difficoltà della propria lingua e non si aspetta che tu, semplice ospite temporaneo, la conosca e voglia impegnarti ad utilizzarla. Di conseguenza, lo sforzo impiegato da uno straniero che pronuncia semplici parole in giapponese crea un legame sottile che predispone positivamente l’interlocutore.
Imparare a fare una piccola presentazione:
Giapponese
はじめまして+ il tuo nome +です。
よろしくおねがいします。
Pronuncia
Hajimemashite + il tuo nome + desu.
Yoroshiku onegaishimasu.
Significato
Mi presento, sono + il tuo nome.
Piacere di conoscerla.
È utile conoscere anche alcune parole utili come per favore e grazie:
Giapponese
おねがいします
ありがとうございます
Pronuncia
Onegaishimasu
Arigatō gozaimasu
Significato
Per favore
Grazie infinite
Se sei a digiuno della lingua giapponese e hai voglia di imparare, puoi affidarti al libro Chikamichi – giapponese da zero.
Se hai già un po’ di confidenza con i sillabari e hai voglia di tuffarti nella comunicazione per imparare a comunicare in viaggio in varie situazioni, allora ti consiglio di dare un’occhiata a Niko Niko – parlo giapponese da zero.
8. No all’improvvisazione: i giapponesi non amano improvvisare.
Se hai un progetto da proporre, presenta sempre un programma dettagliato di ciò che vuoi presentare che preveda già eventuali problemi e relative soluzioni. Inoltre, ti consiglio di informarti sull’azienda alla quale dovrai fare visita o con la quale dovrai collaborare reperendo informazioni come il numero di dipendenti che ci lavorano o la data in cui è stata fondata. Ti potranno sembrare dettagli irrilevanti, ma spesso sono gli argomenti ai quali i giapponesi amano aggrapparsi per dare il via ad una conversazione.
9. Ciò che un giapponese ti dirà non sarà sempre reale: honne 本音 e tatemae 建前.
Per preservare l’armonia tra le relazioni spesso i giapponesi nascondono le loro vere impressioni. Potresti pensare che siano falsi ma, in realtà, siamo solo davanti a dei nuovi concetti culturali: quelli di honne 本音 e tatemae 建前.
Il termine honne fa riferimento al vero pensiero, ciò che realmente una persona prova e che decide di tenere per sé, almeno in determinate situazioni, magari perché va contro il pensiero comune o non risponde alle aspettative di chi la circonda.
Tatemae, al contrario, è una maschera, una facciata costruita per preservare l’armonia dei rapporti. In Giappone si tende ad essere prevedibili e a comportarsi così come vuole l’etichetta: essere la pecora nera non è ben visto e non è frequente nonostante, a volte, magari si desideri esserlo. Tatemae è dimostrarsi interessati anche se non lo si è al cento per cento, essere gentili anche se si vorrebbe non esserlo in quella situazione, dire esattamente ciò che la persona davanti vorrebbe sentirsi dire in quel momento.
Nulla di completamente sconosciuto anche nella nostra cultura, dopotutto: quante volte avremmo voluto rispondere a tono ad un commento di un superiore ma, per rispetto della circostanza, ci siamo trattenuti? Tuttavia, la questione giapponese è molto più delicata e radicata e meriterebbe di non essere presa con superficialità.
Il punto del mio discorso è che, se noi ci pensiamo due volte prima di rispondere in un certo modo, i giapponesi ci pensano cento volte e, alla fine, scelgono quasi sempre di preservare vicendevolmente l’armonia tenendo per sé ciò che realmente pensano, o ciò che realmente sono.
10. Leggere l'aria: kūki o yomu 空気 を 読む, anche un sì, potrebbe rivelarsi un no.
Difficilmente i giapponesi sono diretti, soprattutto quando si tratta di dissentire. Dietro un sì detto in un certo modo potrebbe nascondersi un no. Cerca di andare oltre al reale significato delle parole e impara anche tu a leggere l’aria e a capire ciò che si nasconde tra le righe del detto, cogliendo il non detto.
Esistono varie strutture grammaticali e parole che potrebbero fare da sentinella, prima tra tutte il termine chotto ちょっと. Letteralmente chotto ちょっと significa un po’ ma può nascondere un messaggio ben più ampio: se pronunciato con un tono dispiaciuto e un lieve movimento della testa, equivale a un rifiuto indiretto, a un non posso o non voglio detti con delicatezza per non compromettere l’equilibrio tipico della comunicazione giapponese. L’interlocutore sa che chotto ちょっと vuol dire no e lo accetta senza che l’altro debba sentirsi obbligato a dare ulteriori spiegazioni.
11. L'attitudine al problem solving non è il punto forte per molti giapponesi.
Il Giappone prevede e previene, lavora su procedure impeccabili eseguite in modo, spesso, maniacale. Se pure ci fosse un escamotage per far risparmiare tempo/denaro ma la procedura non lo prevede, difficilmente i Giapponesi opteranno per il cambiamento. Il Giappone vive di un susseguirsi di domande/risposte e di procedure collaudate ed equilibrate. Se subentra un problema che sconvolge la loro armonia diventano, spesso, come dei pesci fuor d’acqua. Degli italiani amano la capacità del districarsi davanti a un problema, la flessibilità e la velocità con cui si riesce a trovare una soluzione. Dopotutto, forse, noi italiani, essendo abituati ai problemi, abbiamo sviluppato una sorta di istinto di sopravvivenza che ci rende piuttosto elastici davanti ad un intoppo! Un giapponese è generalmente un perfetto esecutore, ma spesso non è abituato a gestire l’imprevisto a meno che non sia stato, appunto, già previsto dalla procedura. Per questo motivo potresti notare molta rigidità, sia in ambito lavorativo che, banalmente, al ristorante davanti alla tua richiesta di una modifica ad un piatto presente nel menu.
12. Il cliente è una divinità: o-kyaku-sama wa kami-sama お客さま は 神さま.
Il customer care giapponese è unico al mondo: la capacità dei giapponesi di anticipare e deliziare il cliente è impeccabile e prende il nome di omotenashi おもてなし. Il suo motto è o-kyaku-sama wa kami-sama お客さま は 神様 (il cliente è una divinità) e il suo obiettivo è quello di superare le aspettative del cliente e prevedere ogni tipo di esigenza, giocando di anticipo: i sedili dei treni, a ogni capolinea, vengono girati verso il senso di marcia, i taxi hanno gli sportelli automatici per evitare che il cliente tocchi la portiera, le salviette calde (oshibori おしぼり) nei ristoranti permettono di eliminare meglio gli odori dalle mani, l’acqua nei ristoranti è sempre gratuita (e, talvolta, anche il tè), ecc.
Se sei in Giappone per lavorare nel settore dell’accoglienza e dell’ospitalità dovrai fare i conti anche con questo tipo di gestione del cliente, applicando tutte le regole previste dal manuale, dall’immancabile irasshaimase いらっしゃいませ (benvenuto) detto ad ogni singolo cliente che entrerà nel negozio/ristorante/hotel, al ringraziamento finale arigatō gozaimashita ありがとうございました seguito da un profondo inchino (e a volte anche più di uno).
13. Puntualità da un lato, lunghi tempi di attesa dall'altro.
Un giapponese è mediamente molto riflessivo. In ambito business, aspettati tempistiche lunghe prima che si arrivi ad una decisione. Il confronto è sacrosanto e avviene con vari membri dell’azienda che prenderanno seriamente in considerazione una proposta solo dopo aver discusso ed esaminato ogni pro e contro.
Tuttavia, attendere a lungo prima di ricevere un riscontro può essere un segnale positivo: una risposta arrivata troppo presto potrebbe indicare che l’offerta o la proposta non è stata considerata abbastanza interessante già dal principio. Otterrai sempre un riscontro, in ogni caso.
14. Il ringraziamento per il lavoro svolto insieme: otsukaresama おつかれさま.
Otsukaresama おつかれさま è più di una delle tante formule di saluto: è un “grazie per esserci stancati insieme”, è un congedarsi dopo una dura giornata di lavoro, è ammirazione per lo sforzo e l’impegno che gli si dedica.
Il turno di lavoro è terminato e stai per tornare a casa?
Otsukaresama deshita
お疲れ様でした
Sarete stanchi anche voi, come me. Buon riposo.
Sei tu a dover andar via dal lavoro prima degli altri?
O-saki ni shitsurei shimasu
お先に失礼します
Scusatemi se torno a casa prima di voi
Un tuo superiore rientra in azienda dopo un viaggio di lavoro?
Otsukaresama deshita
お疲れ様でした
Bentornato, deve essere molto stanco.
E se arrivi in azienda nel pomeriggio, anche il classico konnichiwa こんにちは (ciao) dona il suo posto a otsukaresama desu お疲れ様です.
Otsukaresama fa profondamente parte della cultura nipponica, è un mini frammento di giapponese che è essenziale conoscere e pronunciare, ogni volta che la situazione lo prevede.
15. Il post-business.
Dopo il lavoro è abbastanza comune, in Giappone, recarsi in izakaya 居酒屋, locali simili ai pub, in cui bere e stuzzicare in compagnia. Condividere con i propri colleghi di lavoro e superiori momenti più informali aiuta a rafforzare lo spirito di squadra e ad aumentare la produttività.
Rifiutare più volte un invito potrebbe non essere visto di buon occhio.
Extra 1: Dovrai toglierti le scarpe molto spesso!
Aggiungo all’elenco altri 2 buoni consigli extra, validi non solo nell’ambito business, ma in qualunque contesto quotidiano giapponese.
In molti luoghi in Giappone come case, alcune scuole, uffici, ospedali, luoghi sacri, ristoranti, castelli, ecc. l’accesso è consentito solo senza scarpe. Se si è in Giappone per lavoro, è sempre meglio assicurarsi di non essere colti alla sprovvista, indossando scarpe facili da rimuovere e soprattutto dei calzini professionali che siano in buone condizioni. Se non sono presenti degli appositi armadietti in cui riporre le scarpe dovrai lasciarle davanti al gradino di ingresso. Accertati che siano in ordine e rivolte con il tacco verso il gradino nel rispetto di un’antica abitudine che si è tramandata fino ai nostri giorni: un tempo i samurai dovevano essere sempre pronti a lasciare l’abitazione in fretta e non potevano permettersi di perdere secondi preziosi per girare le scarpe prima di indossarle!
Proprio perché devono essere tolte spesso, le scarpe utilizzate dai giapponesi generalmente sono senza lacci. Inoltre, in molti luoghi e nei bagni vengono messe a disposizione delle ciabattine di cortesia.
Extra 2: Familiarizzare con il Japanglish.
In ambienti internazionali avrai a che fare con giapponesi che parlano inglese. Tuttavia, molte parole straniere contengono più consonanti vicine, cosa che spiazza i giapponesi poiché, nella lingua giapponese, si tende quasi sempre a rispettare l’alternanza consonante-vocale parlando a sillabe.
Per questo motivo i giapponesi, in un certo senso, forzano la lingua inglese costringendola all’alternanza tra consonante e vocale che in origine gli manca. Questo meccanismo fa sì che sia parole semplici come ice cream, sia parole più tecniche come download si trasformino rispettivamente in aisukuriimu e in daunroodo.
Non temere, basta abituare l’orecchio alla logica giapponese e, pian piano, ti abituerai a capire anche il Japanglish più stretto!
Consigli di lettura
Se vuoi saperne di più su cosa si nasconde dietro ai comportamenti dei giapponesi ti consiglio questi tre libri. Sono uno completamente diverso dall’altro ma, in modo chiaro e delizioso, raccontano tanto di questa cultura così affascinante e spesso intricata.
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